Insegnare nella scuola di infanzia non è un mestiere solo da donne. Ne è fermamente convinto Agostino Scano, che, però, è l’unico maestro di scuola materna in tutto l’oristanese.
Maestro Agostino, conosciuto e ben voluto da genitori e bambini, insegna da 40 anni ma ancora gli si illuminano gli occhi quando parla del suo lavoro, di cui si nutre voracemente, e che definisce il “suo elisir di lunga vita”.
Negli anni ’80, quando ha iniziato a insegnare, l’educazione dei piccoli era riservata alle sole donne, ed era quasi inconcepibile pensare a un uomo che si potesse occupare dell’educazione del bambino nell’età prescolare. Ma maestro Agostino scelse di andare contro corrente e combattere ogni sfida e pregiudizio.
“Presi servizio a Solarussa”, racconta. “All’inizio dovetti affrontare molti problemi, non tanto con i genitori o i bambini, ma con il gruppo insegnante. La scuola d’infanzia era un ambiente prettamente femminile e vigeva una filosofia quasi antimaschile, per cui venivo visto in una maniera diversa”.
“Bisogna riconoscere che all’epoca, molto più che ora, gli uomini non erano abituati a stare con i bambini, a occuparsi di loro come adesso, e neanche io lo ero. Essendo maschio mi muovevo in una maniera diversa dalle mie colleghe, ed era questo essere diverso che le spaventava, faceva paura”.
“Comunque, non ho mai mollato. Mi ritengo un ladro, perché sono riuscito a rubare alle mie colleghe la loro maestria nell’educazione, la maniera migliore per entrare in contatto con i bambini. Sono stato un ladro di sentimenti ed emozioni”.
Il fatto che maestro Agostino sia l’unico insegnante uomo in tutto l’oristanese, anche dopo 40 anni dalla sua entrata in servizio, ci porta a riflettere sulla mancanza di “quote blu” nella scuola. Il problema, elevatissimo in Italia, è comune in tutta Europa.
“Senza ombra di dubbio la figura maschile è fondamentale nella scuola di infanzia”, prosegue maestro Agostino. “Si dovrebbe intervenire per favorire l’ingresso maschile in questo ambiente. Molto dipende dagli studi che si intraprendono. Io ho la fortuna di essere ogni anno il tutore degli alunni dell’Istituto Magistrale, e nell’ultimo periodo vedo sempre più ragazzi con un enorme disponibilità verso questo lavoro. Mi rendo conto che anche per loro è importantissimo avere a che fare con un insegnate maschio, un punto di riferimento dello stesso sesso”.
“Bisogna considerare anche che è un lavoro che economicamente non paga la fatica e la stanchezza psicofisica che ci si impiega, e questo allontana i ragazzi a intraprendere questa carriera”.
“Non fraintendermi”, prosegue, “io amo il mio lavoro, mi nutro di questo. Sarei potuto andare in pensione ma non ho voluto. I bambini mi tengono giovane. Con loro è sempre un arricchimento giornaliero. Mi sento ogni giorno meglio di ieri e peggio di domani”.
“Non lo definirei assolutamente un mestiere per femmine. Delle differenze è vero ci sono, impegna la mente maschile in una maniera diversa, a cui l’uomo non è stato abituato. Io ho la fortuna di essere un pifferaio, un capobranco e ho il dono di riuscire a catturare i bambini, di creare una situazione di gioco ludica di apprendimento, di gestualità”.
“È un lavoro molto difficile e mette in difficoltà entrambi i sessi. Ma le difficoltà possono essere superate con lo studio e l’esperienza. Molto conta la scuola, il piano di studi e colmare le lacune che esistono dal punto di vista pedagogico, sociologico”.
“Inoltre, i bambini recepiscono positivamente la mia diversità. Essendo l’unico maschio sono un punto di riferimento tra le mie colleghe, non solo nella mia sezione, ma in tutta la scuola”.
I dati però confermano che la scuola italiana è spaventosamente rosa. L’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), nel 2017, aveva lanciato l’allarme: in Italia la percentuale dei maschi alla scuola dell’infanzia è dello 0,70%. Insomma, il maestro piace tanto a bambini e genitori, ma incontrarlo è molto difficile.
Lunedì, 30 settembre 2019