Uno dei rapaci più belli, viaggiatore instancabile – attraversa tutta l’Africa per giungere in Sardegna – e predatore abilissimo. Il falco della regina (Falco eleonorae) fu scoperto nell’isolotto del Toro nel 1836 dal viaggiatore Alberto della Marmora e venne descritto dal naturalista Genè nel 1839.
Quest’ultimo lo dedicò a Eleonora d’Arborea, giudicessa regnante in Sardegna, che nel 1392 aveva istituto un codice di leggi locali, la Carta de Logu, nel quale un articolo prevedeva il divieto di prelevare astori e falconi dal nido: “[…] costituimus et ordinamus, qui alcuni homini non deppiat bogare astore neu falcone dai niu”. Il testo può essere tradotto così: “[…] decidiamo e ordiniamo che nessun uomo debba togliere dal nido astore o falcone”.
Non sappiamo se Eleonora avesse legiferato per innato spirito protezionistico ante litteram o per riservarsi il monopolio della falconeria, che a quei tempi costituiva un ottimo affare. È comunque la prima norma a tutela dei rapaci in Sardegna.
Il falco della regina è un elegante rapace di medie dimensioni ma con ali lunghissime, che possono raggiungere i 105 centimetri. A differenza della gran parte degli uccelli, nidifica a partire dal mese di luglio. Alla schiusa delle uova si ciba essenzialmente di uccelli, sfruttando il flusso dei migratori diretti in Africa, dal piccolo scricciolo all’upupa. È un abilissimo predatore, noto per le incredibili capacità nella caccia in volo. Nel periodo invernale è invece essenzialmente insettivoro. Una curiosità: gli esemplari di questa specie possono essere chiari o scuri, indipendentemente dal sesso e dall’età.
La migrazione del falco della regina è una delle più lunghe conosciute: si sposta ogni anno dal Madagascar, in cui trascorre l’inverno frequentando habitat boschivi, sino alle scogliere del Mediterraneo, dove ha i siti riproduttivi, dopo aver percorso 10mila chilometri e aver sorvolato il deserto del Sahara.
Oristano ha un forte legame con il falco della regina non solo per Eleonora d’Arborea, ma anche perché negli anni Ottanta la sezione Lipu locale organizzò i primi campi di sorveglianza e studio nell’isola di San Pietro, dove questa specie nidifica. Durante i campi di Carloforte furono individuati i bracconieri che predavano i piccoli e le uova da destinare alla falconeria sui mercati internazionali. Dopo quella esperienza il bracconaggio cessò e circa sei chilometri di scogliera diventarono oasi protetta Lipu.
Dalla pagina Facebook di Lipu Oristano
Lunedì, 28 settembre 2020