Martedì, 16 febbraio 2021
Una mozione per chiedere al Comune di Oristano di aderire alla Carta aggiornata dei diritti della bambina. A presentarla è stata Patrizia Cadau. Oltre alla consigliera comunale del Movimento 5 Stelle, la mozione è stata firmata da Marina Canoppia, Danilo Atzei, Anna Maria Uras, Andrea Riccio, Monica Masia, Efisio Sanna e Maria Obinu
Il documento, rivisto nel 2016, è stato redatto dalla BPW Europe. In Italia Fidapa, la Federazione Italiana Donne Arti Professioni Affari, si è fatta promotrice dell’adozione della Carta dei diritti della bambina da parte delle amministrazioni pubbliche, regionali e comunali. In Sardegna hanno già adottato la nuova carta diversi comuni tra cui Alghero, Porto Torres, Sassari, Olbia, Golfo Aranci, San Sperate, Sestu, Iglesias, Carloforte, San Giovanni Suergiu e Cagliari.
“Ogni bambina”, dice Patrizia Cadau, “ha diritto a essere se stessa, qualunque cosa voglia dire per lei. Questo il principio ispiratore della Carta dei diritti della bambina, uno strumento culturale importante promosso dalla Fidapa BPW Italy e a cui hanno aderito diverse regioni italiane, comuni, tanti quelli sardi, e più università”.
La Carta è per la consigliera comunale M5S “uno strumento necessario che deve essere letto come una premessa fondamentale per l’affermazione e la tutela dei diritti delle donne fin dalla nascita: famiglia, scuola e comunità devono assumersi precise responsabilità perché una bambina possa crescere nella piena consapevolezza dei suoi diritti e dei suoi doveri”.
“Oggi”, prosegue Cadau, “ho protocollato una mozione, che impegni il comune di Oristano ad aderire a questo strumento, perché ne sia agente di promozione culturale nella nostra realtà cittadina, perché sia diffusa e conosciuta nelle scuole e nelle realtà educative”.
“L’emergenza Covid”, conclude l’esponente pentastellata, “ha dimostrato quanto siano fragili le condizioni delle donne, consegnate in maniera evidentemente sproporzionata alla disoccupazione, a perimetri di violenza e isolamento, a disuguaglianze che possono essere ridimensionate solo con percorsi educativi e culturali che possano tracciare la differenza per le donne future. È una realtà che non possiamo ignorare e su cui abbiamo l’obbligo di riflettere e di lavorare per creare condizioni future di giustizia sociale”.