Quando la Sartiglia di Oristano era la festa che accompagnava le nozze dei regnanti

Una mostra all'Antiquarium arborense promossa dall'Assessorato comunale alla cultura

Un particolare del manifesto della mostra

Giovedì, 18 febbraio 2021

C’è una Sartiglia diversa da scoprire e conoscere. La racconta, in queste settimane e fino all’11 marzo, attraverso preziose carte d’archivio, la mostra “La favola bella delle nozze di principi e principesse e le sortilles de la nobilissima ciudad de Oristan”.

Ospitata all’Antiquarium Arborense e organizzata dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Oristano con il contributo dell’Archivio Storico comunale, del Museo Civico, della Fondazione Oristano e del Centro di documentazione della Sartiglia, l’esposizione racconta la giostra in un’ottica nuova. 

“A partire dai documenti d’archivio più antichi – dal XVI al XIX secolo – vengono proposte sortilles (voce catalana che indica l’anello e la giostra all’anello) e sartillas (voce campidadese, derivata da quella catalana, con i medesimi significati) che hanno allietato la Città in occasioni speciali quali i matrimoni gettando le basi storiche, culturali e tradizionali della giostra odierna” dice l’Assessore alla Cultura Massimiliano Sanna -. “In mostra sono esposte le testimonianze documentali originali dei festeggiamenti svoltisi in Oristano per le nozze di Filippo V, re di Spagna, e Maria Luisa di Savoia (1702), Carlo Emanuele e Cristina del Palatinato Sulzbach (1722), Carlo Emanuele e Polissena d’Assia (1724), Vittorio Amedeo di Savoia con Maria Antonietta di Borbone Infanta di Spagna (1750), Vittorio Emanuele Duca di Savoia e Maria Adelaide Arciduchessa d’Austria (1842)”. 

Massimiliano Sanna

Tra le edizioni straordinarie delle sortillas rientra anche quella del 1616 organizzata e realizzata in occasione della scoperta delle reliquie di Sant’Archelao.

È noto che i festeggiamenti per l’unione di Vittorio Emanuele Duca di Savoia e l’Arciduchessa d’Austria Maria Adelaide a Torino durarono 24 giorni. Il matrimonio celebrato nella Cappella Reale, fu reso solenne dal canto di due Te Deum, arricchito dalle poesie di Silvio Pellico all’indirizzo dell’arciduchessa Maria Adelaide, dalle feste al Valentino, da un Torneo equestre nell’anfiteatro costruito in Piazza San Carlo,  dal ballo  nel Palazzo di Città e quindi, dalle “allegrezze pubbliche che andavano dai balli in piazza, alle lotterie, ai fuochi artifiziali, alle commedie di fantocci, all’esposizione di statue di cera, alle corse di cavalli in piazza san Secondo, per i quali il Municipio di Torino bilanciò 200.000 lire (oltre 1.100.000 Euro) per i festeggiamenti, di cui 15.000 lire per beneficienza”. 

La Sardegna, culla del Regno Savoia, partecipava ai festeggiamenti rispettando il dispaccio che da Torino aveva raggiunto tutte le città del Regno. Le risorse di Oristano certo non erano pari a quelle spese nella capitale Torino, ma anche qui, secondo la consuetudine, si partecipava a dimostrazioni di giubilo alle quali tutti erano invitati a partecipare: i gremi, gli artigiani che interrompevano il lavoro, uomini e donne del popolo con un’età superiore ai 14 anni che si recavano nella piazza della città a festeggiare i nuovi principi. Si organizzavano mascherate, corse alla stella e tornei. Il popolo veniva intrattenuto da balli sardi. Di notte la città era illuminata dai fuochi, i cavalieri ed i cittadini illuminavano le finestre delle proprie abitazioni con due ceri.

I documenti d’archivio raccontano anche come nella piazza venissero illuminate le finestre della Casa di Città e delle due torri, Porta Ponti e San Filippo. Sempre la notte, nel Salone del Palazzo di Città, si festeggiava con dolci e bevande con danze e musica. 

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