I luoghi di Eleonora d’Arborea: affascinanti storie tra castelli e conventi

Viaggio in Sardegna insieme al direttore dell'Istar, Giampaolo Mele

Mercoledì, 27 settembre 2023

Eroina romantica e simbolo dell’intera Sardegna, Eleonora d’Arborea è sicuramente il personaggio più noto del glorioso Medioevo giudicale. Vissuta tra la metà del 1300 e i primi del 1400, il suo nome è strettamente legato alla Carta de Logu, il testo giuridico in lingua sarda con le norme di diritto civile e penale valide nel regno d’Arborea, ancora oggi preso a riferimento, in alcune sue parti.

Donna dalla forte personalità, alla morte del padre Mariano IV ha imposto i propri diritti di successione al trono, facendo eleggere giudice il suo primogenito Federico, che essendo ancora un bambino, lei ha sostituito quale giudicessa reggente del regno d’Arborea.

Nelle città regie della Sardegna aleggia ancora lo spirito della Giudicessa. Castelli, chiese, conventi, luoghi che scrivono pagine da leggere con attenzione, per scoprire un importante passato: le radici dei sardi. Un itinerario affascinante, con una guida d’eccezione. Uno dei più grandi studiosi del periodo giudicale, Giampaolo Mele, docente di Storia della Musica Medievale e Rinascimentale all’Università di Sassari e fondatore e direttore scientifico dell’Istituto Storico Arborense.

Chi era Eleonora d’Arborea

Il periodo storico di Eleonora d’Arborea è la seconda metà del quattordicesimo secolo.

“È l’epoca della guerra tra il Giudicato d’Arborea e la Corona d’Aragona”, racconta il professor Giampaolo Mele. “È un periodo di guerra continua, ma è anche il periodo della peste nera, della pandemia che aveva decimato l’Europa. È un periodo di carestie. Insomma, un’epoca tragica, che va focalizzata per capire la vita di Eleonora stessa”.

La data della nascita della Giudicessa d’Arborea è incerta: “Non sappiamo con esattezza, ma con tutta probabilità intorno alla metà del ‘300”, spiega Giampaolo Mele, che smentisce la leggenda secondo la quale Eleonora d’Arborea nacque in Catalogna: “A un certo punto si è diffusa la fake news che fosse nata a Molins de Rei, ma non sussiste alcun documento che lo possa attestare”, spiega Mele. “La storia si fa con i documenti e bisogna distinguere la Eleonora d’Arborea della storia, da quella delle fantasie, da quella dei documenti falsi”.

Non è invece una fantasia campata in aria ritenere che la Giudicessa della Sardegna Medievale possa essere nata nell’antica capitale del Giudicato d’Arborea: Aristanis.

“Io credo che nulla osti al fatto che Eleonora d’Arborea sia nata a Oristano perché la famiglia era rientrata ad Aristanis quando era diventato giudice il padre Mariano IV, ma non abbiamo le prove”, spiega ancora Giampoalo Mele. “È possibile però, per non dire probabile, che sia nata ad Aristanis. È probabilissimo, invece, che sia morta ad Aristanis. Un documento dell’archivio della Corona di Aragona di Barcellona dimostra in maniera sicura che la Giudicessa è morta tra la fine di maggio e la fine di giugno del 1403. Su questo si può fugare ogni dubbio”.

La vita della Giudicessa è segnata da momenti di assoluta drammaticità, “di tragedia vera e propria”, spiega Giampaolo Mele, ricordando la morte del fratello Ugone III, giudice prima di lei: “Venne sgozzato e pare gettato semivivo insieme alla figlioletta Benedetta”. Anche il figlio Federico morì giovane, portando la madre Eleonora d’Arborea a diventare Giudicessa reggente.

La famiglia d’origine di Eleonora d’Arborea

“Il padre era il grande Mariano IV, che nel 1353 intraprese la guerra d’indipendenza del Giudicato d’Arborea e della nacion sardesca, della nazione sarda, così veniva chiamato dai catalani, nei confronti della Corona d’Araganoa e del Re Pietro IV il cerimonioso”, racconta ancora il direttore dell’Istituto Storico Arborense, Giampaolo Mele. “Mariano IV aveva sposato una catalana Timbora di Roccabertì. La famiglia era composta anche dalla sorella Beatrice e dal fratello Ugone III”.

“Va rimarcato che un recente documento ha dimostrato in maniera abbastanza inoppugnabile che Eleonora non fosse la primogenita, ma la secondogenita”.

La Carta de Logu

“È stata promulgata a suo tempo dal padre Mariano IV e lei l’aveva nuovamente promulgata, aggiornandola e facendola diventare il codice dell’ Arborea, poi utilizzato anche dagli Aragonesi dopo la sconfitta del Giudicato”, spiega il professo Giampaolo Mele. “La Carta De Logu venne applicata a tutta la Sardegna anche dai vincitori e restò in vigore fino al 1827, quando venne sostituita dal codice Feliciano”.

Tutti i curatori dovevano possederne una copia ufficiale da utilizzare al bisogno. Il testo giuridico di Eleonora d’Arborea riservava un trattamento innovativo alla condizione femminile.

I luoghi di Eleonora d’Arborea

Come i papi e gli imperatori dell’Europa Medievale, anche la corte di Eleonora d’Arborea era ambulante.

“Nel Medioevo le corti – secondo un costume antico barbarico – erano itineranti”, spiega Giampaolo Mele. “E anche Eleonora si spostava: aveva diversi luoghi”.

Il luogo per eccellenza di Eleonora d’Arborea è Aristanis, la sua patria.

La struttura dell’ex Reggia di Eleonora d’Arborea

La città di Oristano

“Era la sede istituzionale, dove c’era la Reggia presso l’attuale piazza Manno, a ridosso della Porta Mari, che guardava a Sud, verso il mare”, spiega Giampaolo Mele, docente universitario, fondatore e direttore dell’Istar.

L’aspetto attuale dell’edificio di quella che veniva chiamata Piazza de sa Maioria, l’attuale piazza Manno, è più quello di una fortezza: in tempi recenti, infatti, la struttura ha ospitato il carcere cittadino, ma al suo interno, nella parte che era destinata agli uffici, le ricerche condotte con l’ausilio del georadar, hanno confermato l’esistenza di una rete di sotterranei.

La struttura viene aperta al pubblico in occasione della manifestazione Monumenti Aperti, durante la quale viene inserita tra i luoghi di interesse di Oristano anche la cosiddetta Casa di Eleonora, un edificio in via Parpaglia, la cui attribuzione alla Giudicessa risulta tuttavia impropria. Alcune parti dell’edificio verosimilmente possono essere ascritte al periodo giudicale, ma la tipologia della struttura sembrerebbe più quella che si dava alle scuderie piuttosto che a un palazzo di corte. La struttura presenta un piano rialzato aggiunto in epoca spagnola. Ad alimentare la leggenda che quella possa essere stata sa domu de Eleonora è la presenza dell’albero diradicato d’Arborea tra le decorazioni delle finestre.

Dalla fantasia, ai documenti: altri luoghi della città capoluogo sono strettamente legati alla vita di Eleonora d’Arborea.

“Sappiamo che era religiosissima e invoca la Madonna nel proemio della Carta del Logu”, illustra il professor Mele. “Aveva dei luoghi di devozione che le erano particolarmente cari. Il primo, la Cattedrale dedicata all’Assunta, dove era di casa”.

La Cattedrale di Oristano si trova nel centro storico cittadino, in piazza Duomo. È la chiesa madre dell’arcidiocesi Arborense. Nell’aprile del 1957 è stata elevata alla dignità di basilica minore da papa Pio XII.

La Cattedrale dell’Assunta sorge sul luogo di un insediamento di epoca bizantina, testimoniato dalle sepolture rinvenute nella piazza antistante l’edificio. L’esistenza della cattedrale, l’ecclesia sanctae Mariae de Orestano, è documentata dal 1131. Le sedici colonne conservate nel cortile della Cattedrale e i capitelli custoditi nel vicino seminario permettono di ipotizzare che il primitivo edificio, in stile romanico, avesse tre navate.

I lavori di ricostruzione nella prima metà del XVIII secolo hanno portato all’attuale edificio, che poco conserva dell’antica fabbrica romanico – gotica. L’edificio, caratterizzato per lo stile barocco ornato con marmi policromi, fu consacrato nel 1745.

Nello stesso periodo fu rifatta anche la cappella dedicata a San Giuseppe, utilizzata dal gremio dei Falegnami, che organizza la Sartiglia del martedì. All’interno del Duomo è presente anche la cappella di Sant’Archelao, che custodite le reliquie del santo patrono ritrovate nel 1615 nella chiesa di San Lussorio a Fordongianus.

La chiesa di Santa Chiara

Eleonora d’Arborea era di casa anche nella Chiesa e nel Monastero di Santa Chiara. “In un manoscritto che ho scoperto e pubblicato nel 1983 c’è un documento del luglio 1353 in cui si parla di visite al Monastero da parte della madre di Eleonora – che nel documento è chiamata Timburchetta. Era assidua del monastero, e pare che a un certo punto fosse anche privilegiata rispetto alle regole”, spiega Mele.

Nel 1356, infatti, il pontefice Innocenzo VI autorizzò Timbora di Roccabertì ad avere libero accesso per sette volte l’anno nella clausura del monastero, insieme alle figlie Eleonora d’Arborea e Beatrice.

Il complesso conventuale, che si trova nel centro storico di Oristano in via Santa Chiara, è stato edificato nel 1343 per opera del re Pietro III d’Arborea e fu eretto probabilmente sulla preesistente chiesa di San Vincenzo.

La chiesa dalle forme gotiche conserva l’abside e diversi resti dell’antico monastero. Nell’arco dell’abside sono ancora evidenti gli emblemi degli Arborea (l’albero deradicato) alternati a quelli statali (i pali d’Aragona). All’interno è custodito un frammento d’affresco che riproduce Mariano IV che pone il primogenito Ugone III sotto la protezione della Santa. All’interno della umile e suggestiva chiesa anche un’importante epigrafe latina che documenta la sepoltura di Costanza di Saluzzo, vedova del sovrano Pietro III, morta il 18 febbraio 1348.

La Chiesa e alcune parti del monastero possono essere visitate durante gli eventi promossi dalle suore Clarisse che ancora vivono nella struttura.

La Chiesa di San Francesco a Oristano

Anche il convento di San Francesco di Oristano è tra i luoghi importanti per la biografia della Giudicessa Eleonora d’Arborea.

“Nel gennaio 1388 è qui venne sottoscritta la pace con il Re d’Aragona, Giovanni I detto il cacciatore, rivale di Eleonora d’Arborea: presso il refettorio del Convento di San Francesco di Oristano”, spiega il professor Giampaolo Mele. “La chiamano l’Ultima Pax Sardiniae, che poi si è rivelata una pace effimera, assolutamente non duratura perché legata anche e soprattutto al fatto che in quel momento Brancaleone Doria era prigioniero degli aragonesi a Cagliari e quindi era una pace sottoscritta in condizioni particolari. Ma un momento estremamente rilevante perché lì confluirono tutti i rappresentanti delle curatorìe della Sardegna e delle città per suggellare questa pace, che poi venne rotta dopo la liberazione di Brancaleone Doria”.

La Chiesa di San Francesco è tra i principali simboli dell’arte neoclassica ottocentesca in Sardegna. Il suo primo impianto, tuttavia è gotico e risale al XIII secolo (è visibile solo un una piccola porzione della facciata). Come la Cattedrale, anche la chiesa di San Francesco sorge nel centro storico di Oristano, in via Duomo.

La facciata è caratterizzata da tre portali, anticipati da un pronao che imita un tempio greco, con due pilastri e quattro colonne con capitelli ionici, a reggere il timpano. L’edificio è sovrastato da una cupola semisferica.

L’interno della Chiesa è a pianta centrale, intervallato da due cappelle per lato, con una profonda abside semicircolare.

Sull’altare della prima cappella a sinistra è ospitato il Crocifisso policromo di Nicodemo, considerato un capolavoro d’arte lignea del XV secolo. Si tratta di una scultura policroma, attribuita alla scuola valenzana e di sicura ispirazione renana. Il crocefisso può essere datato alla prima metà del 1300, forse portato a Oristano dalla Toscana. Viene venerato il 14 settembre per la sagra e la fiera in occasione dell’Esaltazione della Santa Croce.

A Eleonora d’Arborea è dedicata anche la piazza più rappresentativa della città arborense, dove si affacciano alcuni dei più significativi edifici della città: palazzo degli Scolopi e palazzo Campus-Colonna, sedi del Municipio e degli uffici comunali. Al centro della piazza, che ha mantenuto l’impronta classicista conferitale nella prima metà dell’Ottocento, anche la statua dedicata alla Giudicessa. L’opera celebrativa realizzata dallo scultore Ulisse Cambi e l’architetto Mariano Falcini fu inaugurata con il 22 maggio 1881. 

La biografia di Eleonora d’Arborea è segnata anche da altri importanti territorio. “I luoghi simbolo della vita della Giudicessa sono soprattutto i castelli”, spiega Giampaolo Mele, i due principali senza ombra di dubbio nel giudicato d’Arborea sono il castello di Burgos, nel Goceano e il castello di Serravalle a Bosa, abbondantemente attestato.

Il castello di Burgos

“Qui risiedeva spesso il padre di Eleonora d’Arborea Mariano IV”, spiega Mele. “Molti documenti che hanno segnato la storia dell’Arborea – per esempio un drammatico incontro con ambasciatori aragonesi mentre stava scoppiando la guerra ebbe luogo nel castello del Goceano”.

“La celebre frase dite a Bernard De Carrera che le Arborea vanno solo da Re o da figli di Re, e che siano primogeniti venne pronunciata nel Castello del Goceano, dove senza ombra di dubbio ha dimorato ripetutamente Eleonora d’Arborea”, ricorda il direttore dell’Istar Mele.

Il castello di Burgos, che prende nome dal borgo che sorge ai suoi piedi, è noto anche come castello del Goceano, dal nome del territorio storico che lo ospita. La fortezza è situata a 650 metri d’altezza, su una rupe alle pendici del monte Rasu, che la rende inespugnabile. Fu costruita attorno al 1134 per volontà di Gonario I di Torres. Ha una triplice cinta di mura a forma di ‘U’, realizzata con blocchi di granito e pietrame, rivestiti di mattoni e compattati con malta.

Al centro della corte s’innalza la torre maestra quadrata di 16 metri, fatta di cantoni di calcare e vulcanite rossa negli spigoli. A nord della torre sono ancora presenti i resti di una serie di ambienti, ritenuti stanze per truppe e servitù. Nel castello, ancora in ottimo stato, si trova una grande cisterna, costruita per raccogliere le acque che dovevano servire per gli usi casalinghi e per gli animali.

Nel centro abitato, in una casa padronale della fine dell’Ottocento, è ospitato il Museo dei castelli di Sardegna, con mostre temporanee sul tema dei castelli. In esposizione anche carte tematiche con le torri costiere di età spagnola e una ricostruzione della vita contadina. Presente anche una mostra di foto antiche e recenti dei castelli sardi e una sala multimediale per una lettura storica dei circa cento castelli in Sardegna.

Il castello di Serravalle a Bosa

Il castello di Serravalle a Bosa

Altro castello legato alla vita di Eleonora d’Arborea è quello di Serravalle di Bosa.

Il castello, chiamato anche dei Malaspina, dal nome della famiglia toscana che lo fece costruire, domina la città sul Temo dall’alto. Rientrava nel giudicato di Torres e poi passò ai giudici di Arborea.

Il castello di Bosa, ancora ben conservato, fu realizzato in più fasi. Nel XII secolo furono erette una torre e parte delle mura a nord, nel XIV la torre maestra di tre piani realizzata in pietra chiara. La cinta muraria che percorre il colle e le sette torri quadrate sono invece successivi. La torre pentagonale in trachite grigia e rossa è stata aggiunta quando il territorio passò in mano agli aragonesi. Dentro le mura del Castello c’è anche la chiesa di Nostra Signora de sos Regnos Altos, dove nel mese di settembre si svolgono a suggestive celebrazioni. Dal castello dei Malaspina è possibile ammirare tutta la città di Bosa dall’alto, con le sue case dai colori sgargianti e le vecchie concerie.

Castelsardo vista dal castello dei Doria

Castelsardo

Altro luogo assolutamente importante nella biografia di Eleonora d’Arborea è Castelsardo.

“Va rammentato che nel Medioevo si chiamava Castel Genovese, perché apparteneva ai Doria”, spiega il professor Giampaolo Mele. “Dopo la sconfitta del giudicato si chiamerà Castel Aragonese ed è uno dei luoghi in cui ha soggiornato Eleonora d’Arborea”.

Alla famiglia genovese dei Doria, che diede il primo nome al centro abitato, infatti, apparteneva il marito di Eleonora d’Arborea, Brancaleone. Qui la Giudicessa d’Arborea trascorse gli anni dal 1376 al 1382 ed è qui che nacquero i figli Mariano e Federico.

Il castello sorge in cima a una collina a picco sul mare. La struttura era composta da una imponente cinta muraria le cui torri difensive oggi non sono visibili, nonostante la struttura sia ancora in ottimo stato. Attualmente ospita il museo dell’intreccio mediterraneo, con le esposizioni di produzioni artigianali legate all’intreccio, provenienti da Sardegna e Paesi del bacino del Mediterraneo. Nove le sale del museo, disposte su due piani, che mostrano – tra le altre cose – le tecniche di lavorazione a intreccio delle fibre, gli oggetti di uso quotidiano e i manufatti dal significato magico e religioso.

Il borgo medievale di Castelsardo presenta diversi piccoli gioielli architettonici di Castelsardo, come la Chiesa di Santa Maria della Grazie, la Cattedrale di sant’Antonio abate, con la torre campanaria a picco sul mare e il palazzo La Loggia. E poi c’è la marina di Castelsardo, con sabbia chiara, mare azzurro e scogli scuri.

L’interno del castello dei Doria

Sanluri

Appartiene alla storia di Eleonora d’Arborea anche il castello di Sanluri, che della Giudicessa ha il nome. La città medioevale fu sede della battaglia del giugno del 1409, che pose fine al Giudicato di Arborea, con la sua trasformazione in Marchesato.

“Sanluri è ai confini tra il Giudicato di Arborea e il Regnum Sardiniae, la parte aragonese. A certo punto è stata conquistata da Brancaleone Doria ed è sicuramente uno dei castelli che hanno fatto parte della vita di Eleonora d’Arborea. Potrebbe averci dimorato, ma quel castello appartiene a un periodo di guerre in cui buona parte della storia del castello era legata alla Corona di Aragona”, precisa il professor Giampaolo Mele. “Ci sono leggende legate ai falsi d’Arborea. Nell’800 tutti sanno che si sono divulgati dei falsi nei quali si celebra una pseudo e inesistente battaglia di Sanluri che non si è mai verificata. La vera battaglia di Sanluri purtroppo è quella del giugno del 1409, quando le forze giudicali del visconte di Narbona sono state sbaragliate. Quel momento è tristissimo perché segna la fine del Giudicato di Arborea con la sua trasformazione in Marchesato. Però i falsi d’Arborea hanno parlato anche di una battaglia di Sanluri addirittura stavinta da Eleonora. Questo non appartiene alla storia, ma alla leggenda”.

Il castello di Sanluri è l’unico ancora abitabile di 88 castelli medievali sardi, conserva forme risalenti alla metà del XIV secolo ed è attualmente adibito a museo. La struttura è possente, a pianta quadrangolare, con lati di 26 metri e quattro torri angolari merlate e raccordate da mura alte 12 metri e spesse due.

Nell’interno della corte è presente una scala a T in pietra che porta al primo piano del palazzo, sorto nel 1355, per volontà di Pietro IV d’Aragona.

Oggi è diviso in quattro musei: due conservano cimeli e documenti delle due guerre mondiali, delle campagne d’Africa e del fascismo; in uno si trova la collezione delle Cere, con più di trecento pezzi con tra ritratti e sculture realizzati tra il cinquecento e l’ ottocento. Il quarto museo si identifica nel quartiere feudale ed è dotato di mobili, arredi, dipinti e sculture che spaziano dal Rinascimento al Risorgimento.

Con un biglietto unico per l’accesso al castello, si può visitare anche il Museo del Pane e il Museo Storico Etnografico dei Padri Cappuccini.

Il castello di Sanluri

L’Istar

L’Istituto Storico Arborense (Istar), con sede a Oristano, promuove e organizza, studi, ricerche, pubblicazioni scientifiche, convegni, seminari, mostre e ogni altra attività culturale volta a contribuire in maniera sistematica alla conoscenza della civiltà del giudicato d’Arborea e del Marchesato di Oristano considerata sotto l’aspetto storico, politico, sociale, istituzionale, economico e culturale.

L’Istar opera direttamente o in collaborazione con Università, Centri di Ricerca, Biblioteche, Archivi storici, Associazioni culturali e singoli studiosi.

“Anche per quanto concerne i luoghi bisogna fare affidamento ai documenti, alle fonti storiche”, precisa Giampaolo Mele. “Tra queste importanti si trovano nell’Archivio della Corona di Aragona a Barcellona. La fonte principale sono i processi contro gli Arborea che l’Istar sta pubblicando in edizione scientifica. Gli ultimi due sono dedicati all’epoca di Eleonora d’Arborea e del marito Brancaleone Doria. Sono in fase di traduzione e pubblicazione, con collaboratori iberici”.

Giampaolo Mele

[ Progetto realizzato in collaborazione con l’Assessorato al Turismo della Regione Sardegna ]

4 Commenti

  1. Mio nonno Pietro Lutzu, intellettuale e ricercatore sulla vita della GRANDE Eleonora, scrisse tra le altre cose che Eleonora trascorreva molto del suo tempo in una delle sue residenze regali sita ad Arborea. La notizia non fu presa in considerazione dagli studiosi della sua epoca (fine 800, prima metà 900), né in seguito da altri, purtroppo. Una recente notizia sembra dare ragione al nonno, recenti scavi archeologici effettuati nel Duomo di Arborea hanno messo a nudo le sue fondamenta che poggiano su una precedente costruzione risalente proprio al periodo di Eleonora. Bisognerebbe saperne di più, forse il nonno aveva ragione.

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