Venerdì, 1° dicembre 2023
“L’odio, la vendetta, il rancore non ci portano da nessuna parte”. Un messaggio forte, chiaro e diretto quello che Giovanni Impastato, fratello di Peppino, vittima della mafia, questa mattina ha voluto trasmettere alle studentesse e agli studenti dell’Istituto “De Castro – Contini” di Oristano.
Uno dei tanti messaggi, in realtà, che attraverso le sue parole, riflessioni e interventi hanno tenuta viva l’attenzione dei numerosi giovani presenti nella palestra del liceo classico e che non hanno smesso nemmeno per un istante di ascoltare la storia di Peppino, la testimonianza sui suoi valori e sul suo esempio di uomo che ha avuto il coraggio di lottare contro la mafia.
Con Giovanni Impastato hanno dialogato la docente Sabrina Sanna e il dirigente Pino Tilocca. In collegamento, hanno partecipato all’incontro anche le classi terze delle scuole medie dell’Istituto comprensivo di San Vero Milis, impegnate in un percorso che nei prossimi mesi le porterà a “Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato”, a Cinisi.
Tra i tanti argomenti trattati questa mattina, si è parlato di Peppino Impastato e del suo profilo umano, ma anche del rapporto che c’era tra lui, Giovanni e la loro famiglia. Oltre a tutte le vicissitudini che hanno portato, con grande fatica ma sempre con determinazione e infaticabile impegno della famiglia Impastato, al processo e alla sentenza di condanna. “Noi avevamo la verità storica, ma non bastava”, ha ribadito Giovanni Impastato. “Avevamo bisogno anche della verità giudiziaria”.
Si è parlato anche di coraggio e di paura. “Io penso che Peppino non abbia mai avuto nessuna paura”, ha raccontato Giovanni Impastato agli studenti oristanesi. “Al contrario, io l’ho avuta in due precise occasioni: la prima, alla morte di nostro padre. Avevo chiesto a mio fratello di stare più attento, di limitarsi a fare certe cose, perché non c’era più nessuno che ci proteggeva. E lì Peppino mi ha invece mostrato come lui non aveva alcuna paura, e che non avrebbe smesso, anzi, sarebbe andato avanti. Doveva esser chiaro che nessuno doveva dirgli che denunciava i mafiosi poiché protetto da nostro padre”.
“La seconda occasione in cui ho provato paura”, prosegue sempre Giovanni Impastato, “è stata ai funerali di nostro padre. Peppino si è rifiutato di stringere la mano ai mafiosi, un colpo terribile per loro. Ricordo ancora le sue parole: Andate via, non siete degni di stringere questa mano. Io invece quella mano la diedi, forse perché avevo paura. Ancora oggi ne porto un po’ il rossore, la vergogna, anche se mi sono ormai liberato di questo pensiero”.
Qualcosa è cambiato dopo la morte del fratello Peppino. “Quel filo sottile che ci legava alla mafia ancora non si era interrotto”, spiega sempre agli studenti Giovanni. “Si è interrotto l’indomani, quando Peppino non c’era più. Ed è qui che il vero dialogo inizia. Potrebbe sembrare un controsenso ma è così: il vero dialogo fra me e lui è iniziato proprio in quel momento. Il dialogo vero, intenso, dal quale viene fuori quell’umanità autentica”.
Un dialogo che continua ancora oggi, anche questa mattina, mentre Giovanni Impastato guardava negli occhi, ad uno ad uno, i giovani del futuro che ha davanti a sé. “Voi siete le ultime persone che sto incontrando oggi e vi guardo negli occhi, ognuno di voi. Ed è come ci fosse Peppino davanti a me. Sono qui per continuare questo dialogo. Ed è in questo modo che si allontana la paura: quando ti circondi di persone che ti possono aiutare, con la militanza attiva e con la collettività”.
Giovanni confida agli studenti come, a distanza di 45 anni ormai da quando fu ucciso suo fratello, lui sia sempre andato alla ricerca del coraggio, senza mai piangersi addosso. “Non sono una vittima”, conclude Giovanni Impastato. “Ho dedicato tutta la parte più bella della mia vita, la mia gioventù, alla ricerca del coraggio, della verità e della giustizia sociale. Ho dato e rischiato tantissimo. Allo stesso tempo ho messo da parte anche la mia famiglia – mai abbandonata ma comunque messa da parte – e il mio lavoro. Ma ho ricevuto molto di più di quello che ho dato, e questo mai me lo sarei immaginato”.