Sabato, 22 marzo 2025
Quali misteri nascondono la Reggia giudicale degli Arborea e i suoi sotterranei? Ha provato a rispondere a questa domanda il convegno promosso da “Oristano nascosta”, ospitato ieri dall’Hospitalis Sancti Antoni della città.
L’incontro ha voluto esplorare il futuro dell’ex carcere di piazza Manno, anche attraverso uno sguardo al suo passato, tenendo conto della sua possibile destinazione a nuova sede della Prefettura.
“Dagli archivi si presume che ci siano ambienti sotterranei che andrebbero analizzati”, ha dichiarato il presidente dell’associazione “Oristano Nascosta”, l’architetto Marco Piras. “Oggi la tecnologia ci mette a disposizione strumenti che possono permettere di verificare muri portanti e fare una distinzione tra quello di oggi, di ieri e del periodo giudicale. Dentro quei muri e sotto le fondamenta dell’ex carcere, non sappiamo ancora cosa tutto ci sia. Ma merita di essere studiato e analizzato”, ha osservato Piras. “Certo, prospettare un concorso di idee sull’utilizzo attuale, significa mettere da parte la storia e il periodo giudicale. Non solo noi, ma anche tanti altri studiosi e appassionati di storia degli Arborea, siamo preoccupati perché l’ ex reggia dovrà diventare sede della Prefettura. Sappiamo che ci sono problemi di risorse e che la Prefettura paga un affitto. Ma ci sono altri edifici che possono ospitare quell’ufficio dello Stato: tra i primi l’ex Banca d’Italia, chiusa da vent’anni”.

A intervenire anche l’ex sindaco Pietro Arca, uno dei pochi testimoni che ha visto personalmente uno degli ingressi ai sotterranei medioevali della città degli Arborea. “La mia esperienza parte nel 1987, con la giunta Gaviano: era il 23 febbraio e uno degli obiettivi di quella amministrazione”, ha ricordato Arca, “era quello di riqualificare l’ex Reggia, tanto che cinque mesi dopo, il 29 luglio il Comune richiesta la tutela del bene attraverso la Regione. Ritornando a quel 23 febbraio, visitai il carcere di piazza Manno. All’ingresso c’era il baretto dell’istituto penitenziario e il barista che lo gestiva, ci disse che sotto la pedana del piccolo bancone, c’era una botola. Spostò la pedana e vedemmo una botola: non ero solo, ma rimanemmo tutti stupefatti”.
“Ricordo che scendemmo da una scala in ferro e riuscii a vedere un ambiente sotterraneo ampio, realizzato in mattoni cotti, notando che era perfettamente conservato e non presentava alcuna umidità. Era ampio e profondo. Poi andammo via e di quel sotterraneo non si parlò più. In quel periodo, l’impresa Girat, che stava effettuando dei lavori dietro il carcere, venne chiamata per chiudere quella botola che fu chiusa e sepolta per sempre con una gettata di calcestruzzo”, ha continuato Arca. “Oggi sappiamo, grazie agli studi, che esiste un cunicolo che portava in via Giovanni Maria Angioy”.

Molti dei dettagli storici di quella che fu la sede del Governo degli Arborea, della piazza de Sa Majoria, con le mura, il castello e la porta a mare della torre di San Filippo, sono stati invece ricordati con una curata analisi tecnica e rielaborazioni virtuali anche in 3D, dall’architetto Fabio Virdis, che su queste ricerche ha poi scritto la sua tesi di laurea in Architettura.
“Nel 2000 ho studiato le mura della città, la torre di San Filippo e scelsi la Reggia per la mia tesi. Feci delle ricerche bibliografiche”, ha detto Virdis, “negli archivi di Torino, Roma, nelle biblioteche e nelle Soprintendenze, per recuperare documenti. L’edifico che ospita il carcere, era diviso in tre parti: la parte amministrativa, il braccio carcerario e la casa del direttore. Il nucleo centrale della città, contava la cinta muraria con 28 Torri, San Cristoforo e San Filippo, erano gemelle, le porte nord e sud della città. Avevano la funzione di difendere i giudici e l’area dove vivevano. Nella piazza Manno, c’era l’ingresso sud della città”.
L’architetto Virdis ha illustrato il video della ricostruzione virtuale in 3D e ha riportato indietro nel 1321 quando venne terminata presumibilmente la Reggia degli Arborea. “Quella piazza e quegli edifici vennero sottoposti nei secoli a ristrutturazioni e lavori di miglioramento, dagli Arborea, dagli aragonesi e dai Savoia, fino al loro abbattimento definitivo nei primi anni del 1900. Nel 1857 la struttura fu messa all’asta, e nel 1866 si iniziò la costruzione del carcere”, ha spiegato. “Un braccio del castello originale esiste ancora e coincide con la parete orientale”, ha concluso Virdis. “Ci sono tante alte cose nascoste nel cortile nord, ed è certificato che esiste un ambiente sotterraneo lungo 27 metri, alto tre metri. Un altro sotterraneo, sotto la cucina”.
“Ci sono tanti racconti che riferiscono di quei sotterranei. La struttura esiste ma non sappiamo bene cosa c’ è sotto e occorre indagare, studiare ed esplorare. Per fare questo è indispensabile che l’edificio ritorni in possesso della città. Il futuro destinato a Prefettura, cancellerebbe definitivamente la nostra storia e l’epoca giudicale”.
Il responsabile del servizio di documentazione della Fondazione Oristano, Maurizio Casu, si è soffermato sulla storia della reggia. Partendo da quando i giudici di Arborea lasciarono Tharros per trasferirsi ad Oristano.
“Nei documenti si legge che la prima casa dei giudici, anno 1263, fu ubicata nel complesso del monastero di Santa Chiara, in particolare nella torretta”, ha ricordato Casu. “Poi si trasferirono in piazza de Sa Majorca è venne edificato il palazzo giudicale. Oltre alla casa del sovrano, venne allestita la cancelleria, la cucina, la dispensa, la cappella del Santo Salvatore”.
“Da altri documenti, si legge che nel complesso vennero realizzate anche le stalle, i depositi di legno e cereali” ha aggiunto Casu. “Nel 1400 il palazzo si trasferì nella zona dove oggi sorge il palazzo degli Scolopi. Le ricerche su quel periodo”, ha concluso Casu, “continuano ancora grazie all’Istar che studia la storia degli Arborea”.