“Le forme del fuoco”, omaggio ad Angelo Sciannella al Museo Diocesano

Settanta opere del maestro ceramista e docente innovatore

Il Museo Diocesano Arborense rende omaggio ad Angelo Sciannella, maestro ceramista che ha operato in città fin dai primissimi anni Sessanta. La mostra dal titolo “Le forme del fuoco” sarà inaugurata sabato prossimo – 28 settembre – alle 19 e propone un allestimento con circa 70 opere, che vanno dai primi anni Cinquanta ai giorni nostri.

Angelo Sciannella arriva a Oristano nel 1962 con una formazione artistica robusta. Le lezioni apprese dapprima a Castelli e successivamente negli studi di perfezionamento a Venezia gli permettono di affrontare la Sardegna con certezza di solide basi. Si ritrova nella città dei figoli, nella quale si perpetua da secoli l’arte della ceramica praticata e tutelata da maestri consociati in corporazione già dal lontano 1692. Nell’immediato secondo dopoguerra l’avvento della plastica mette in ginocchio quel sempre più debole mercato delle terrecotte che trovavano applicazione nell’uso domestico quotidiano.

La fondazione dell’Istituto d’Arte di Oristano nel 1961 non è un caso, ma si inserisce in un contesto di più ampia rivitalizzazione e valorizzazione delle cosiddette arti minori che solo a partire dagli anni Dieci, e soprattutto Venti, hanno subito un impulso e un deciso sostegno politico e culturale di rilancio nazionale. In Italia la piena maturità di questo disegno si afferma nel corso degli anni Trenta, ma la Sardegna, a parte qualche isolato caso, sembra essere poco attenta a quei linguaggi e a quelle modalità di produzione e organizzazione del lavoro che si sviluppano in altri contesti più dinamici.

A Oristano, a parte la Scuola d’arte applicata, tristemente chiusa dopo appena 4 anni scarsi di esercizio (ottobre 1925-gennaio 1929), che per prima aveva raccolto in Sardegna la spinta culturale italiana di rilancio delle arti applicate promossa da Marangoni, le altre linee direttrici degne di nota sono la produzione semi-industriale della ditta Alquati, il rinnovamento dei linguaggi introdotto da Antonio Corriga a partire dalla fine degli anni Quaranta, che per primo intuisce la necessità di fornire ai figoli locali la visione di mettersi al servizio della modernità e delle nuove esigenze di mercato, ed infine la creazione della Scuola ceramica di Oristano ad opera del progetto datato 7 agosto 1947 redatto da Giorgio Luigi Pintus.

La locandina della mostra “Le forme del fuoco”

Sciannella, chiamato da Arrigo Visani nel 1961, suo maestro al terzo anno presso l’Istituto d’arte di Castelli, arriva a Oristano solo nel settembre 1962, dopo il servizio militare. In città si confronta con un mondo cristallizzato, le cui forme, quali brocche, tegami, conche, orci, versatoi, pentole, sciveddas, quadrelle ed altri manufatti, si ripetono immutati da tempo. La ricerca del bello non era una necessità, c’era piuttosto l’emergenza della funzione, dell’utilità, neppure del bello e utile. Lo stesso decoro era spesso un quid pluris considerato superfluo.

Se in altre parti della Sardegna, come a Dorgali, si concepiva la terracotta decorata a freddo, a Oristano i figoli erano soliti utilizzare argille locali e ossidi di ferro e rame provenienti dalle miniere di Montevecchio, per conferire quella colorazione nei toni del giallo e del verde, soprattutto presenti sulle anse delle brocche, che denotava uno stile e spesso anche una indicazione della provenienza geografica, distinguendola magari da quella altrettanto eccezionale asseminese, che invece faceva uso di biossido di manganese per conferire agli oggetti la colorazione marrone.

Nella società locale oristanese del tempo, come in tutta la Sardegna, poco spazio era dedicato ai pezzi di pregio, in uso ad una ristretta borghesia, la quale per affermare sé stessa doveva ricorrere a produzioni nazionali come Richard Ginori o internazionali come Rosenthal e Werkstatte.

Il cambio di paradigma avvenne con lo sviluppo della Rinascita, la diffusione della maggiore produzione in serie favorisce infatti la diffusione del bello nell’uso quotidiano, anche per il popolo, preferendo il nuovo che avanza a discapito del vecchio ormai inutile e dal gusto passatista, non più adatto a definire la modernità, la mutata condizione economica della famiglia e la democratizzazione di un bello accessibile ormai sugli scaffali dei grandi magazzini anche a più vaste classi sociali.

Il lavoro realizzato da Sciannella rappresenta una modalità totalmente nuova di concepire la creazione di un pezzo, non più di artigianato ma d’arte, proprio a partire dalla progettazione, ribaltando dunque il canone dell’esperienza come unico principio attuatore di pensare la ceramica.

L’influsso di grandi artisti come Galileo Chini, che dalla fine dell’Ottocento ha seriamente dato un impulso di vitalità alle arti applicate, successivamente corroborate, amplificate e ampliate da designer come Giò Ponti, dopo l’Esposizione Internazionale di Parigi del 1925, e da altri numerosi artisti del calibro di Cambellotti, Melotti, Cagli, Andlovitz, Messina, Fontana, Fancello, Marini e Leoncillo, solo per citarne alcuni, ha permesso di raggiungere grandi conquiste nel mondo ceramico, popolato ormai di grandi personalità esogene.

Queste vette raggiunte dall’arte italiana Sciannella le ha conosciute e respirate negli anni della formazione a Castelli, a Venezia e in qualche altra piccola fabbrica di produzione di ceramiche artistiche presso le quali ha prestato servizio come professionista. Il suo universo formale e simbolico ne è intriso.

Nei suoi 35 anni di attività di docente introduce tecniche ed espressioni nuove per Oristano. Si respira un’aria di rinnovamento, Sciannella introduce il grès, la maiolica, la mezza maiolica e nuovi rivestimenti. Non è un decoratore, sperimenta forme, è un plasticatore sopraffino, la sua poetica trova adeguate risposte per mezzo della sua competenza tecnica e tecnologica.

La fusione dei due mondi che in Sciannella si incontrano lo conduce ad esprimere forme totalmente nuove per l’artigianato sardo, per esempio il Riccio, che produce sia in grès sia in maiolica. La brocca della festa invece, o brocca pintada, spesso confusa con la più scarna brocca della sposa di recente introduzione storica, la rielabora e la libera di un eccesso decorativo, riportandola ad una pulizia formale che ne esalta l’essenzialità del decoro e l’esuberante armonia compositiva. Sciannella in certa produzione arriva ad esiti sublimi, in altra innova e colma un vuoto non solo artistico ma sociale.

La mostra ha il patrocinio del Comune di Oristano (Assessorato alla Cultura e Assessorato alle Attività produttive) e potrà essere visitata fino al 29 dicembre il mercoledì – dalle 10 alle 13 – e dal giovedì alla domenica dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 20.

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