Bonifica più vicina per la discarica di Pauli Mattauri, ma la spesa dipenderà dalle analisi

Copertura naturale o sintetica? Bisogna capire quali rifiuti erano stati sotterrati abusivamente

La zona della ex discarica di Pauli Mattauri, nelle campagne di Silì

Mercoledì, 15 gennaio 2025

La vecchia discarica di materiali inerti di Pauli Mattauri, nelle campagne di Silì, si prepara a vivere un nuovo capitolo nella sua lunga e complessa storia. L’intervento di bonifica e copertura, necessario per mettere in sicurezza l’area e ridurne l’impatto ambientale, è al centro di un bivio strategico ed economico. Due le opzioni sul tavolo: una copertura con materiali sintetici, il cui costo è stimato in 3,66 milioni di euro, oppure una copertura con materiali naturali, che potrebbe far lievitare il budget a 4,28 milioni di euro.

Il nodo cruciale resta la presenza o meno di rifiuti pericolosi all’interno della discarica: un aspetto che sarà chiarito dai risultati delle analisi sui campioni prelevati poco prima di Natale e già inviati ai laboratori dalla Ivi Petrolifera, incaricata del monitoraggio.

“Le analisi sono state completate e inviate ai laboratori,” precisa Raffaele Melette, responsabile dell’Ufficio amministrativo della Provincia e nominato dal TAR commissario ad acta per il procedimento. Nel frattempo, è stato approvato il quadro economico per i lavori di bonifica, predisposto dal responsabile unico del procedimento, Stefano Lochi, per un importo complessivo di 3,66 milioni di euro.

Tuttavia, questa stima potrebbe subire variazioni in base al tipo di intervento scelto: una decisione che potrà essere presa solo dopo l’esito delle analisi e il confronto tra Arpas, Regione e Provincia, in sede di conferenza di servizi, che dovrebbe finalmente risolvere un caso che si trascina da oltre 30 anni.

Intanto alla fine dello scorso anno, il Comune ha chiesto alla Regione un contributo di 2.698.537 euro per l’attuazione degli interventi propedeutici alla bonifica della discarica, ottenendo il finanziamento. A questi si aggiungono 100mila euro stanziati nel bilancio 2024.

La discarica era stata autorizzata nel 1986 dall’Assessorato regionale all’Ambiente. Avrebbe dovuto essere usata come deposito di materiali inerti, da colmare nel giro di 2-3 anni, per poi ripristinare la destinazione agricola del terreno. Il Comune aveva preso in concessione il terreno dal proprietario, Gavino Porcu, ma – senza adeguati controlli e recinzione – nella discarica erano finiti presto rifiuti di ogni tipo, sopra i quali era stata semplicemente gettata una colata di terra.

Nel 1999, il proprietario aveva citato in giudizio il Comune di Oristano, ottenendo una sentenza che obbliga l’amministrazione a pagare circa 50mila euro e a ripristinare l’area. Tuttavia, il Comune non era intervenuto e i solleciti del proprietario e dei suoi legali erano rimasti senza risposta. Da lì una nuova disputa legale, durante la quale il Comune propose di negoziare l’acquisto del terreno. Soluzione risultata impraticabile, poiché il Comune avrebbe dovuto prima ottemperare alla sentenza del Tribunale civile, che lo obbliga a bonificare l’area.

La vicenda si è trascinata per anni, fino a una nuova svolta legale. Con la sentenza del 21 settembre scorso, il Tribunale Amministrativo Regionale della Sardegna ha accolto il ricorso presentato da Gavino Porcu, rappresentato dall’avvocato Raffaele Soddu. Il TAR ha ordinato al Comune di Oristano di eseguire il giudicato derivante dalla sentenza del Tribunale. Questa impone all’amministrazione comunale di presentare un piano di adeguamento della discarica, in conformità alla normativa entrata in vigore nel 2003, che prevede una serie di attività propedeutiche alla chiusura del sito, in linea con le crescenti esigenze di tutela ambientale.

La sentenza del TAR ha rafforzato l’urgenza per il Comune di intervenire, mettendo in luce il lungo percorso di inadempienze e le pesanti ricadute burocratiche e finanziarie di una questione che si protrae da oltre due decenni e che continuerà per altri 30 anni, considerato che – anche dopo la chiusura – la normativa prevede un monitoraggio della zona per i successivi tre decenni.

Fra l’altro, la zona è una delle due selezionate per ospitare impianti per le energie rinnovabili, insieme a quella di Tanca Molino: è inclusa nell’atto di indirizzo sulle aree idonee e non idonee, approvato dal Consiglio comunale di Oristano.

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